mercoledì 11 aprile 2012
Incubi diurni e notturni
Carissima Affranta,
capita anche a te di svegliarti quelle 2-4 volte per notte (e mi va anche bene: una mia amica più giovane di 4 anni viaggia a una media di 6-8!!!) in preda al caldo-freddo-caldo e al bisogno impellente di andare in bagno, proprio come alla nostra Mabel? Immagino di sì. E allora ti capiterà anche di non riuscire a riaddormentarti, di provare a leggere per farti venire sonno, di non riuscirci, di provare a spegnere la luce e di ritrovarti quindi a girarti e rigirarti nel letto in preda ai pensieri più angosciosi e nefasti, mentre il tuo dolce “Trequarti” (chiamarlo “Metà” è riduttivo) ronfa che è un piacere (per poi lamentarsi al mattino: “Stanotte non sono proprio riuscito a chiudere occhio!”. E io: “Strano. Mentre io ero sveglia, tu dormivi, anzi, russavi!”. E lui: “Ah sì? Beh, comunque non ho riposato, proprio come se non avessi dormito…”. NO COMMENT).
Ebbene, tra le tragiche elucubrazioni della notte scorsa, mi è venuto in mente di quando, nel gennaio scorso, armata di tutto il mio coraggio di ATTEMPATA DISOCCUPATA, sono andata nuovamente a iscrivermi all’ufficio di collocamento, o come diavolo si chiama adesso, tanto il succo non cambia, purtroppo! Non che sperassi in qualche chiamata, figurati, non sono così tanto Alice nel Paese delle meraviglie, ma una mamma amica mi aveva fatto balenare una remota possibilità di lavoro che richiedeva lo stato di disoccupazione (possibilità in seguito naufragata, che te lo sto a dire, a causa della crisi!). Comunque è stata un’esperienza edificante, senz’altro istruttiva (per non deprimermi, ultimamente sto cercando di trarre “insegnamenti” anche dalle esperienze negative: uno dei miei trucchi di sopravvivenza!).
A parte l’ubicazione non irraggiungibile, ma sempre a dimensione DISUMANA (Roma nord-ovest, zona popolare edificata secondo criteri urbanistici “moderni”: una decina di grattacieli grigi, collegati l’uno all’altro da scatoloni bassi e lunghi, ma sempre grigi e con tanti panni stesi, stile Napoli, ma soprattutto senza servizi vicini. La classica “cattedrale nel deserto”, insomma), a parte la solita inefficienza italico-romana dell’ufficio (capisci quello che devi fare e a chi ti devi rivolgere dopo un 20 minuti circa e soprattutto solo col passaparola; hai ben 30 numeri davanti; capisci che non ti conviene aprire il libro che ti sei portata dietro per ingannare la prevedibile attesa, perché il “numeratore” elettronico è rotto, te pareva!, e quindi devi fare attenzione da sola al ritmo di chiamata e soprattutto devi stare lì, tutta tesa, a far la guardia perché si sa che c’è sempre chi ti vuole fregare il posto... uno stress...), insomma, a parte tutto ciò e tutte le considerazioni sul come e perché anch’io ero finita in quel girone dantesco, quello che più mi aveva “stordito” era stato vedere lì tante persone (anche più vecchie di me) "normali" (cioè vestite bene, distinte, ecc.), che dicevano di essere state appena licenziate o di essere state costrette a licenziarsi per non subire condizioni di sfruttamento o altro. Dopo un’ora e mezza abbondanti era poi arrivato anche il mio turno tanto sospirato, e alla mia domanda: “Ma c’è sempre così tanta gente? E’ uno degli effetti della crisi?”, l’impiegata aveva risposto che sì, gennaio era tradizionalmente un mese di scadenze di contratti e quindi di aumento di richieste di lavoro, ma che comunque i licenziamenti e la mobilità erano aumentati molto negli ultimi 4 mesi, perché (novità assoluta) avevano cominciato a riguardare anche le grosse aziende... capito???
Boh, che schifo di periodo, davvero, e in tutti i sensi! Speriamo di uscirne al meglio... Io sono sempre tra il depresso-colpevolista (dovevo fare così e non colì, ho sbagliato tutto...) e il sereno-incosciente (non moriamo di fame, qualcosa salterà fuori-perché-me-lo-merito...): AIUTO!!!!!!!!!
E chissà come andrà stanotte… chissà quali altri pensieri mi tortureranno… E se provassi con un bel libro palloso? Boh… debbo proprio tornare ai miei globulini omeopatici…
E tu come stai, come te la passi? A presto
Tua Stordita
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